A poco più di un anno dall’alluvione in Romagna. Intervista a Luca Carra
[#5] Il 5 giugno è la Giornata Mondiale dell’Ambiente e per celebrarla abbiamo deciso di fare qualche domanda al giornalista Luca Carra.
Le immagini del maggio del 2023 con le città romagnole e le campagne alluvionate sono ancora vivissime. L’eccezionalità di quell’evento, con una quantità di pioggia mai registrata prima su quel territorio, è sottolineata anche dalla conta dei decessi, che sono stati 17. Ma poco prima si era verificata una situazione simile nelle Marche e qualche mese dopo è avvenuto lo stesso nel nord della Toscana. Sono la manifestazione concreta di come sia cambiato e stia cambiando il clima del nostro Paese.
Luca Carra è un giornalista scientifico, direttore responsabile della testata Scienza in Rete, e parte del team dell’agenzia di comunicazione scientifica Zadig, nata oltre trent’anni fa. Scienza in Rete ha anche una bella newsletter, che vi consigliamo di seguire.
Proprio per Scienza in Rete, ha scritto un pezzo molto lungo e molto dettagliato che ricostruisce quello che sappiamo dal punto di vista scientifico, e non solo, sull’alluvione della Romagna. L’articolo si intitola Dopo l’alluvione dell’Emilia Romagna va ripensato tutto e da qui siamo partite per la chiacchierata.
Che cosa ti ha sorpreso più di tutto? Cioè, quali sono gli aspetti dell'alluvione del maggio 2023 che conoscevi meno e che invece hai incontrato nelle tue ricerche?
Quello che mi ha sorpreso di più è stato capire come sia stata una combinazione di fattori a portare a un evento così devastante. Non si è trattato solo della quantità di pioggia che è caduta rapidamente, ma anche del fatto che il terreno fosse già saturo dalle piogge dei giorni precedenti e contemporaneamente ci fosse una mareggiata che ha rallentato il deflusso dell'acqua dei fiumi verso il mare. A questi fattori si sono aggiunti altri elementi, più strutturali, come per esempio l’avanzamento dei boschi in montagna e collina. Da un punto di vista ecologico, apparentemente è un fattore positivo, ma un bosco non gestito, con alberi morti e malati, può contribuire alle frane e agli smottamenti. Questi aspetti, che non conoscevo bene, hanno evidenziato quanto sia cruciale una gestione integrata e consapevole del territorio. Un'altra sorpresa è stata scoprire quanto la conformazione geografica dell'Appennino abbia giocato un ruolo cruciale. Le precipitazioni intense hanno colpito specifici distretti dell'Appennino in modo imprevedibile, causando danni significativi a causa proprio della conformazione del terreno e della sua capacità di assorbimento limitata.
Ma mi ha colpito molto anche l'aspetto umano e sociale della gestione dell'emergenza. Le persone, spesso impreparate di fronte a eventi di tale portata, hanno reagito in modi che talvolta hanno aggravato la situazione. La mancanza di una cultura diffusa di prevenzione e di risposta rapida agli eventi estremi è un problema serio. Comportamenti rischiosi, come tentare di attraversare strade allagate o rifugiarsi in cantine, hanno contribuito al tragico bilancio di vittime. Questo ha evidenziato la necessità di una maggiore educazione e preparazione della popolazione riguardo ai rischi ambientali e ai comportamenti da adottare in caso di emergenza.
Quali sono le difficoltà di raccontare un fenomeno e un tema così complesso?
Il fenomeno è complesso e determinato da diversi fattori, e già per questo è complicato. Ma proprio questa complessità, che richiede un approccio multidisciplinare, porta a una dissonanza tra le diverse prospettive degli esperti, dai climatologi agli ingegneri idraulici, che complica ulteriormente la narrazione. Da un punto di vista scientifico, le diverse discipline coinvolte offrono prospettive uniche ma spesso discordanti. I climatologi, per esempio, si concentrano sulla comprensione e la previsione dei modelli climatici a lungo termine, mentre i meteorologi si occupano delle previsioni a breve termine, che sono cruciali per la gestione delle emergenze. Gli ingegneri idraulici, invece, studiano le dinamiche delle acque e le infrastrutture necessarie per mitigare i rischi di inondazione, magari basandosi su altre serie di dati storici. Non è facile rendere conto al pubblico di tutti questi approcci diversi.
Alla fine, quello che ho capito, è che il punto centrale non è neanche solo la nostra conoscenza scientifica dei fenomeni e la nostra capacità di prevederli, ma capire come gestire il territorio in modo che i danni siano limitati. In altre parole, come mi è stato detto, il problema è raccontare che non si tratta di evitare le alluvioni, perché continueranno a esserci e capiteranno con una frequenza maggiore. Il punto è come mitigarne le conseguenze ed evitare i morti.
Da quello che hai potuto vedere e comprendere, quali ti sembrano i punti essenziali per il futuro? Si è sentito spesso parlare di come l’alluvione della Romagna segni un prima e un dopo…
Per chi fa comunicazione scientifica, come me, è fondamentale raccontare approcci nuovi e integrati ai fenomeni climatici, che combinino diverse discipline scientifiche. Mi ha colpito che molte persone che ho intervistato abbiano sottolineato come questa camera di regia affidata al generale Figliuolo, con tutti i limiti che ha, è l’occasione di mettere persone con diverse competenze attorno allo stesso tavolo. Cioè, è la prima volta che si assiste a una collaborazione di tale portata, comprendendo anche sociologi dell’acqua, urbanisti oltre ai più ovvi esperti di meteo e clima.
In questo senso, per le future alluvioni, un ruolo fondamentale lo giocherà lo sviluppo urbanistico, soprattutto per via dei problemi legati a questo sprawl urbano che ha eroso territorio e consumato suolo. Bisognerà cominciare a pensare seriamente al fatto che i fiumi andranno gestiti in modi forse diversi da come li abbiamo gestiti finora, magari arretrando gli argini invece di alzarli, costruendo gli edifici in modo diverso. Certo, questo significa toccare interessi economici importanti e consolidati, come per esempio la pioppicoltura in Emilia-Romagna e in tutta l’asta del Po. Da questo punto di vista chi fa comunicazione della scienza e dell’ambiente dovrebbe avere un ruolo centrale che permetta di tradurre questa complessità in messaggi comprensibili per la cittadinanza.
(Video)giocare per imparare la fisica
Zot è un alieno che finisce nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN per un cortocircuito spazio-temporale. Un po’ come il più celebre E.T. ha il problema di ritornare a casa. Ma per questo compito è assistito da chi gioca. Sì, perché Zot è il protagonista di Gran Sasso Videogame, il videogioco che abbiamo realizzato nell’ambito del progetto PILA – Physics In Ludic Adventure, finanziato dal MIUR qualche anno fa, assieme a Ivan Venturi, celebre sviluppatore di videogames bolognese (di cui potete anche leggere qualche informazioni biografica in più).
Il gioco è sviluppato in pixel art ed è pensato per avvicinare ai temi della fisica ragazzi tra i 14 e 19 anni. Al videogioco, infatti, è abbinato anche un vero e proprio percorso didattico per portarlo in classe. Ah, e si può giocare gratuitamente direttamente sul sito del progetto! Basta cliccare sul logo qui sotto:
Appuntamenti e segnalazioni
Inauguriamo una non-rubrica, Cose belle fatte dalle socie™, segnalando un piccolo libro uscito da poco a firma di Marco Boscolo. Si intitola La bianca scienza. Spunti per affrontare l’eredità coloniale della scienza e lo ha pubblicato Eris Edizioni di Torino. Eccovi qua la copertina:
A metà di giugno, invece, ci troverete a ESOF, che quest’anno si tiene a Katowice, in Polonia. Saremo parte di una sessione dal titolo From Pandemics to Antibiotic Resistence: Can Science Communication Really Save the Day in the Face of Existencial Threats? L’evento è organizzato all’interno del progetto europeo COALESCE assieme ad alcuni partner, in particolare la University of the West of England (UK), la Vrije Universiteit di Amsterdam e l’Erasmus University di Rotterdam (entrambe nei Paesi Bassi).
All’orizzonte:
17-19 giugno: Fare un museo, convegno sulle sfide per il restauro e l'allestimento del Museo della Natura dell'Uomo a Padova.
6 - 8 settembre: Folle di Scienza a Strambino (TO).
Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2024: sono aperte le candidature. La scadenza è il 15 settembre.