Un difficile rapporto con la complessità
[#11] Sul divieto di cellulare a scuola introdotto dal ministro Valditara e le difficoltà a leggere degli studenti americani
In occasione del rientro a scuola, ha fatto molto discutere la decisione del ministro Valditara presa in estate di un divieto totale dell’uso del cellulare in classe dalla scuola d’infanzia alla secondaria di primo grado, la scuola media, anche a fini didattici. Uno degli argomenti contro lo smartphone, specialmente se utilizzato massicciamente dalle persone più giovani, è che “faccia male”. Lo dice anche la nota ministeriale: il divieto è la scelta che consegue l’analisi di una presunta lunga lista di studi che dimostrano gli effetti nocivi del cellulare nella fase di crescita, in particolare sulla capacità di concentrazione e apprendimento. Questa impostazione apparentemente basata sulla scienza e la consultazione con un nutrito gruppo di esperti non è così solida.
Come scrive Elisabetta Tola in un lungo articolo su Valigia Blu, “gli esperti, in larga parte, non distinguono tra dispositivi digitali, mescolando l’uso dello smartphone con altri strumenti, come le console, o addirittura in qualche caso la tv”. E già qui le cose non vanno bene. In più, “quasi nessuno degli esperti chiamati ha raccolto dati in prima persona, ha fatto analisi sul campo, ha esperienza diretta dell’uso delle tecnologie in ambito scolastico secondo metodologie contemporanee”. Insomma, la dimostrazione che le fondamenta scientifiche della scelta del ministro sono per lo meno traballanti.
Un altro tema che emerge ogni volta che si parla di scuola, a tutti i livelli, è il vecchio adagio per cui studenti e studentesse peggiorino di generazione in generazione: minore preparazione, minore capacità di concentrazione e una predisposizione maggiore a subire stress e ansia. Il tema è, ovviamente, enorme e non possiamo certo risolverlo nel giro di una newsletter. Però, un recente lungo articolo apparso su The Atlantic fornisce almeno qualche elemento per quanto riguarda un aspetto specifico: la capacità di chi arriva al college (si parla del contesto americano) di leggere un libro intero.
Rose Horowitch ha intervistato docenti di diversi college americani, anche di primissima fascia, e la risposta è stata pressoché unanime: per uno studente o una studentessa di oggi leggere un libro intero è un compito molto impegnativo. Al punto che chi insegna tende a diminuire il carico di letture obbligatorie e predilige l’uso di estratti. Certo, va sottolineato che oggi il libro (o i libri) non è più l’unica forma di possibile apprendimento: si usano i video, i podcast e mille altri sistemi che - semplicemente - nel passato non erano a disposizione. Ma rimane il fatto che le interviste di Horowitch sono state condotte con chi insegna materie letterarie, perciò possiamo ragionevolmente assumere che chi si è iscritto a quei corsi sia interessato alla lettura: se ci iscriviamo a un corso di letteratura comparata è imprescindibile leggere un certo numero di romanzi per potersi laureare.
Uno dei temi che emerge dall’inchiesta dell’Atlantic è che la difficoltà di studenti e studentesse potrebbe derivare da una sempre minor esposizione al medium libro nei livelli scolastici precedenti. In altre parole, per diminuire il carico nei livelli scolastici precedenti si è diminuito il numero di libri che bisogna leggere. Al punto che oggi, racconta Horowitch, è possibile che in America si arrivi al college senza aver mai letto un libro.
Tralasciando le conseguenze sulla società futura che questo fenomeno può avere, resta da chiedersi il perché. La diminuzione del numero di libri obbligatori, o comunque l’esposizione al medium libro, è stata intesa come una facilitazione che avrebbe dovuto portare a una maggiore accessibilità della scuola. Ma, in pratica, nella semplificazione messa in atto ci si è ritrovati al punto che un compito relativamente complesso come leggere un libro è fuori dalla portata di una fetta consistente della popolazione scolastica (americana).
I due casi sono completamente diversi, ma sembra avere un punto in comune: una rapporto sempre più difficile con la complessità. Nel caso degli studenti americani con strumenti letterari come l’identificazione e l’immaginazione che permettono di calarsi nei panni dei personaggi dei romanzi. Nel caso della norma ministeriale con la complessità degli strumenti digitali che oggi sono parte integrante della vita quotidiana di milioni (miliardi?) di persone: si auspica un ritorno a una mitica scuola della carta e del diario che sarebbe migliore di quella integrata con il mondo reale.
Il diritto alla riparazione dei device elettronici
Se ne è parlato relativamente poco, ma quest’estate è entrata in vigore una nuova direttiva europea (2024/1799/Ue) che promuove il “diritto alla riparazione” sui prodotti che acquistiamo. Cioè stabilisce che avremo il diritto di richiedere la riparazione di prodotti difettosi o rotti anche dopo la scadenza della garanzia legale di due anni. Tutto ciò dovrebbe avere un impatto in particolare sulla nostra produzione di rifiuti elettronici, con un diretto beneficio per l’ambiente, e cerca di intaccare il modello di consumo “usa e getta” che finora ha guidato le aziende tech. Ne ha scritto Sara Urbani in uno degli ultimi contenuti di Chiara.eco, il contenitore di approfondimenti scientifici della Missione Clima del Comune di Bologna.
Leggi l’articolo completi: L’Europa promuove il “diritto alla riparazione”
Appuntamenti e segnalazioni
Festival, eventi e l’occasione di incontrarsi di persona
11-13 ottobre: CICAP Fest 2024 a Padova. Nel frattempo è uscito il programma definitivo e di Marco Boscolo sarà coinvolto in compagnia di Donata Columbro (Ti Spiego Il Dato) in un incontro dal titolo: Bianco, occidentale, uomo. Quando la scienza discrimina (sabato 12 ottobre, ore 16:45).
La Arena Climate Conference si terrà a Bologna tra il 18 e il 19 ottobre di quest’anno. Si tratta della seconda edizione dell’evento organizzato da Arena for Journalists in Europe, un’organizzazione che promuove la collaborazione internazionale tra giornalisti. In questo caso, la conferenza è completamente dedicata al giornalismo che si occupa di clima e ambiente.
Al Festival della Scienza di Genova, il 3 novembre (18:30) Elisabetta è a una tavola rotonda dal titolo A parole nude - spiegare la scienza con il podcast. Si parlerà di She Green, il podcast che racconta le donne italiane impegnate nella difesa dell’ambiente. È l'evento di chiusura del festival.